Nacque a Treviso il 23 aprile 1845 da Francesco Saccardo, di professione ingegnere, e da Elena Vidotta.
Si iscrisse nel 1855 al ginnasio del seminario patriarcale di Venezia. Nel 1861 si spostò a Padova per frequentare il liceo, trasferendosi però nel 1863 a Treviso, per poter coltivare lo studio della flora trevigiana. Saccardo si dedicava a tale studio già dal 1857, per via della frequentazione dello zio, Alessandro Saccardo, che aveva impiantato un frutteto con piante etichettate
Nel 1864 si iscrisse all’ Università padovana, frequentando il biennio di medicina, per laurearsi nel 1867 in filosofia. I suoi interessi non erano tuttavia mutati: a partire dal 1864 aveva messo a frutto le proprie conoscenze botaniche con il primo saggio, intitolato Prospetto della flora trevigiana ossia enumerazione sistematica delle piante finora osservate spontanee e naturalizzate nella provincia di Treviso, aggiuntevi le denominazioni vernacole ed osservazioni (in Atti del R. Istituto veneto di scienze, lettere e arti, s. 3, 1864, vol. 8, pp. 1087-1132; vol. 9, pp. 427-445, 481-497, 605-638, 837-877).
Nel 1866, essendo direttore Roberto De Visiani, non ancora laureato, Saccardo fu eccezionalmente nominato assistente provvisorio alla cattedra di botanica pratica e teorica. La mansione assunse carattere stabile l’anno successivo, fino al 1872. Nel 1867 Saccardo sposò Eleonora Zava; a partire dal 1869 fu anche nominato professore di storia naturale presso l’istituto tecnico professionale a Padova. Proprio in quell’ anno pubblicò a Venezia, assieme a De Visiani, il Catalogo delle piante vascolari del Veneto e di quelle più estesamente coltivate, che costituiva, come detto in apertura, «l’ultima e finora più compiuta enumerazione de’ vegetali indigeni o più coltivati nelle provincie venete e mantovana» (p. 1).
Nel 1872, con l’intento di raccogliere le osservazioni comunicate poi in Florula spontanea horti botanici patavini (in Nuovo giornale botanico italiano, 1872, vol. 4, pp. 212-220), Saccardo incrociò il settore degli studi micologici. Questi costituirono da allora l’asse principale delle sue ricerche, che esordirono nel 1873 con la pubblicazione del saggio Mycologiae venetae specimen (Atti della Società veneto-tridentina di scienze naturali, 1873, vol. 2, pp. 53-264), seguito da numerosi altri lavori. In breve lasso di tempo portò da 245 a 1500 il numero delle specie conosciute nel Veneto (Montemartini Corte, in L’orto botanico..., 1995, p. 272). In relazione alle ricerche intraprese, allestì la Mycotheca veneta, divisa in sedici centurie, ora conservata nell’Orto patavino. Nel 1877 succedette a De Visiani, collocato a riposo, e cominciò a pubblicare a Padova la serie dei Fungi Italici autographice delineati, conclusasi nel 1886. Nell’ opera iconografica, colorata a mano, furono raffigurate 1500 specie di funghi, in maggioranza micromiceti. In quello stesso anno fondò un periodico, intitolato Michelia dal nome del botanico fiorentino Pier Antonio Micheli, che ebbe vita fino al 1882.
Nel 1879 fu nominato direttore dell’Orto patavino e nella nuova posizione iniziò nel 1882 la pubblicazione della Sylloge fungorum omnium hucusque cognitorum, progettata per riunire e ordinare tutte le diagnosi, redatte in lingua latina, delle specie descritte fino al tempo.
L’opera rispondeva a un’esigenza viva, poiché, come lo stesso Saccardo chiariva nella Praefatio al primo volume, nessun micologo, a cinquanta anni di distanza dall’edizione del Systema mycologicum di Elias Magnus Fries, ignorava «quantum observationes mycologicae (praecipue microscopii auxilio) per decem haec lustra accretae, quot et quantae in tota morphologia et taxonomia fungorum acquisitione factae, quot species et genera nova descripta» (p. V).
Di fatto la Sylloge si tramutò in una operazione monumentale. Fino al 1913 uscirono ben 22 volumi, di cui otto principali, dodici di supplementi, due contenenti gli indici delle illustrazioni e uno con gli indici dei sinonimi; circa settantamila le specie diagnosticate e descritte, un numero strabiliante poi ulteriormente incrementato nei successivi due volumi usciti postumi per cura del genero Alessandro Trotter (il primo nel 1925; il secondo in due tomi distinti, nel 1926 e nel 1928). Saccardo si avvalse di numerosi collaboratori, italiani e stranieri, fra cui Augusto Napoleone Berlese, Giovan Battista De Toni, Giovanni Cuboni, Giovan Battista Traverso, Paul Sydow, Eduard Fischer. L’impresa non mancò di attirarsi critiche, segnatamente per i criteri tassonomici adottati, di ordine essenzialmente sporologico, che furono duramente contestati, soprattutto da Mordechai C. Cooke, che ne sottolineò con particolare enfasi negativa l’eccessiva artificialità. Chiamato in causa Saccardo replicò in più occasioni. Con il saggio I prevedibili funghi futuri secondo la legge d’analogia (in Atti del R. Istituto veneto di scienze, lettere e arti, s. 7, 1896, vol. 8, pp. 45-51), per esempio, alla difesa abbinò l’illustrazione delle capacità euristiche del suo metodo, ricavandone una tavola in cui erano previsti specie e generi non ancora conosciuti: non pochi di questi furono successivamente «realmente scoperti» (Traverso, 1920, p. 49).
Parallelamente alla pubblicazione dei volumi della Sylloge, Saccardo approfondì lo studio della flora micologica, sia straniera sia italiana, avvalendosi per la seconda della collaborazione di Augusto N. Berlese, Carlo Bresadola e Fridiano Cavara. Nel 1901 la Società botanica italiana accettò la proposta di Cavara di dar corso alla Flora italica cryptogamica, per la realizzazione della quale Saccardo garantì appieno il suo sostegno.
Oltre agli studi micologici, che assorbirono larga parte delle sue energie, Saccardo si occupò con costanza anche del settore delle patologie vegetali e particolarmente intensi furono i suoi interessi per la storia della disciplina, precocemente affiorati nel 1869, con la pubblicazione a Milano del volume Della storia e letteratura della flora veneta.
Fra i tanti contributi dedicati alla ricostruzione delle biografie di botanici del passato e alla illustrazione di erbari antichi, particolarmente significativi furono Il primato degli italiani nella botanica, Padova 1893, La botanica in Italia. Materiali per la storia di questa scienza, pubblicata in due parti (Memorie del R. Istituto veneto di scienze, lettere e arti, 1895, vol. 25, pp. 1-236; 1901, vol. 26, pp. XV, 1-172), che per ricchezza dei dati raccolti costituisce ancora oggi un repertorio indispensabile; infine, la Cronologia della flora italiana ossia repertorio sistematico delle più antiche date ed autori del rinvenimento delle piante (Fanerogame e Pteridofite) indigene, naturalizzate e avventizie d’Italia e della introduzione di quelle esotiche più comunemente coltivate, pubblicata in Padova nel 1909. Infine Saccardo collaborò con Giovanni Canestrini nella traduzione di tre opere darwiniane: I movimenti e le abitudini delle piante rampicanti, Le piante insettivore e Gli effetti della fecondazione incrociata e propria nel regno vegetale, uscite tutte a Torino nel 1878.
Nei tanti anni di attività come direttore dell’Istituto e dell’Orto patavini Saccardo riuscì innanzitutto a incidere profondamente sull’ assetto didattico e organizzativo dell’Istituto, ampliando il numero dei posti di assistente e dotandolo di attrezzature e laboratori per la ricerca; ugualmente rimarchevoli furono gli interventi per l’Orto volti al consolidamento e ammodernamento delle strutture.
Nel 1917, a causa dei bombardamenti su Padova, si trasferì ad Avellino presso la figlia Maria e il genero Alessandro Trotter. A conflitto concluso, il 2 giugno 1919 fece ritorno a Padova, dove morì il 12 febbraio 1920.
Saccardo fu membro di numerose accademie scientifiche, sia italiane sia straniere. Alla sua morte si aprì una trattativa con gli eredi per consentire l’acquisizione da parte dell’Orto patavino delle collezioni micologiche, la citata Mycotheca veneta e l’erbario micologico personale consistente in centododici pacchi di esemplari essiccati, e della biblioteca privata, transazione questa che si concluse positivamente nel 1922.
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